Ad accendere i riflettori sull’interazione tra smartphone, piattaforme e tecnologia avanzata è stata la prima edizione del Digital Convergence Day organizzato da The Digital Box e Bocconi. L’ex braccio destro di Steve Jobs, Guy Kawasaki: “Estetica, semplicità e intuizione: l’intelligenza artificiale è una scienza più che un’arte”
L’interazione tra smartphone, intelligenza artificiale e social network sta già riscrivendo le regole del marketing e, visti i presupposti, continuerà a farlo ancora a lungo. Da Facebook a Instagram, da Flickr a Twitter, le piattaforme di connessione sociale online sono diventati dei canali imprescindibili per garantirsi il successo commerciale di un prodotto o di un servizio. E l’evoluzione delle tecnologie non sta facendo altro che accentuare la potenza di questo mix o di quella che gli esperti chiamano “convergenza digitale”.
L’intensità di questo fenomeno è stata misurata lo scorso 20 giugno a Milano durante la prima edizione del “Digital Convergence Day”, l’evento europeo dedicato al legame tra social, artificial intelligence (AI) e mobile organizzato da The Digital Box, società specializzata in soluzioni digital e mobile marketing, in collaborazione con l’Università Bocconi. Se i social possono facilmente determinare successi e fallimenti commerciali (si pensi a una campagna di marketing azzeccata o meno che diventa virale), saperli utilizzare al massimo diventa fondamentale. La convergenza digitale è probabilmente la piena espressione di questo apice e trova nel mobile il suo terreno fertile, come testimoniano le stime di WeAreSocial. Circa la metà della popolazione mondiale usa lo smartphone per navigare in internet e quasi 3 miliardi di persone (il 39% del pianeta) usano proprio il canale mobile per vivere i social media. Lo smartphone è passato così nel corso degli anni da strumento di comunicazione personale a strumento in grado di estendere l’identità personale nel web. Su smartphone e tablet si concentra non a caso la navigazione Internet e la fruizione di social media di oltre 1,23 miliardi di utenti ogni giorno.
Qui entra in gioco l’intelligenza artificiale che in ambito marketing ha già sfornato diverse novità come i chatbot. Gli assistenti virtuali capaci di dialogare in autonomia con i consumatori non sono una novità (il primo risale al 1996, si chiamava Eliza) ma sono stati dogati di recente, ovviamente del mobile. Lo dimostrano i 200mila chatbot attivi su Facebook Messenger, utilizzati in gran parte dalle aziende per interagire con i propri clienti. “La capacità intellettuale di discernere ciò che è vero e ciò che è buono, richiede gusto artistico, estetica, semplicità, il tipo di fotografia, di video e ci vuole intuizione su ciò che interessa e ciò che non interessa al pubblico – ha spiegato intervenendo al Digital Convergence Day il chief evangelist americano Guy Kawasaki, che ha portato a Milano alcune pillole della sua esperienza in Apple al fianco di Steve Jobs – L’intelligenza artificiale è probabilmente più un’arte che una scienza”.
Detto da uno degli artefici del successo del brand Apple c’è da fidarsi, come sottolineato dal presidente di The Digital Box, Marco Landi (anche lui con un passato in Apple, in qualità di presidente). “Ci siamo confrontati con uno dei massimi esperti mondiali su questo tema, Guy Kawasaki, per anni braccio destro di Steve Jobs. Questo perché con il Digital Convergence Day (di cui è già stata annunciata la seconda edizione per giugno 2019 sempre a Milano, ndr) abbiamo voluto offrire una visuale completa sugli impatti che i social media, l’intelligenza artificiale e il mobile hanno sulle attività di marketing”, evidenzia Landi che nel corso dell’evento ha voluto lanciare un messaggio ai Millennials: “Hanno una creatività favolosa, devono uscire escano dalla logica del posto fisso e comprendere che il mondo si sta evolvendo e ha bisogno di mobilità, di trovare gente determinata che abbia capacità e determinazione. A noi il compito di aiutarli e guidarli ad esprimersi al meglio in un ecosistema nuovo”.
Non è ovviamente una sfida facile, anche per ragioni di sistema: “Oggi fatichiamo a tracciare le logiche, a comprendere i comportamenti degli utenti e le loro dinamiche che evolvono nel tempo in direzioni inattese – ha spiegato Amedeo Guffanti, general manager, direttore e azionista di 77 Agency – Questo accade perché fattori esogeni agiscono sugli utenti, influenzandone i comportamenti e le preferenze, rendendo necessario immaginare e applicare un sistema dinamico nello studio dei dati. Diventa cruciale identificare segmenti di consumatori simili per categorie di comportamento e in questo la localizzazione geografica e le sue influenze diventano un elemento distintivo da considerare per la segmentazione degli obiettivi poiché si tratta di una variabile che tende a mantenersi stabile, dando consistenza al modello”.
Sotto questo punto di vista la convergenza digitale aiuta non poco, come sottolineato pure da Roberto Calculli, fondatore e CEO di The Digital Box: “È un fenomeno che interessa ogni tipo di business e a cui ogni brand dovrebbe prestare la massima attenzione: comprendere a fondo le diverse tematiche e saper interpretare correttamente i dati provenienti dai tre canali significa cogliere l’opportunità di avere una visione chiara dei trend che interesseranno i prossimi anni”.